La nuova infografica di Unicusano sull’intelligenza artificiale analizza i campi d’applicazione della tecnologia avanzata e l’impatto sull’uomo: 4 persone su 10 ne comprende le potenzialità ma teme per il proprio futuro lavorativo
Machine learning, speech analytics, interaction design e natural language processing. Sono queste le parole chiave del futuro. Parole che accompagnano, ormai dal ‘43 (anno di nascita della prima rete neurale), lo sviluppo del concetto di Intelligenza Artificiale.
Ciò che fino ai primi anni 2000 si traduceva timidamente in assistenti vocali all’interno di contact center, oggi funge da spartiacque tra ciò che è stato e ciò che adesso è: futuro, progresso, meraviglia, ma anche etica e timori.
Sì, perché l’AI, oggi sempre più presente nella vita quotidiana di ognuno di noi e con un valore di mercato che raggiungerà i 300 miliardi di dollari entro il 2026, si è trasformata nel tempo in un supporto di cui almeno il 60% delle persone non può fare a meno, ma di cui il 40% poco si fida.
Il timore più grande tocca la sfera della professione: il 71% degli italiani, secondo una ricerca condotta da Ipsoa, teme un impatto negativo sull’occupazione. A temere di più sono copywriter, insegnanti, traduttori, ma anche programmatori, marketer e ricercatori, tutti provenienti da ambiti già toccati dalle più recenti applicazioni di intelligenza artificiale (cfr. Chat GPT).
Se la trasformazione ha toccato le persone e ogni ambito della quotidianità in prima persona, il processo di accettazione è passato anzitutto dalle aziende, che ne hanno saputo cogliere le potenzialità. Dal risparmio di tempo nell’espletamento delle attività alla drastica riduzione dei margini di errore; dall’aumento delle performance a quello delle entrate. E ancora individuazione tempestiva di eventuali problematiche, l’elaborazione e l’analisi di un’enorme quantità di dati, il miglioramento dell’esperienza con il cliente e il risparmio di denaro.
Se in passato, a regnare, erano disordine e caos, l’introduzione di sistemi di AI all’interno di reparti aziendali – come quello dedicato alla customer experience – ha dettato un ordine conversazionale.
In Italia per l’Intelligenza Artificiale è prevista una crescita del 41,4% entro il 2024 solo in ambito aziendale. I settori maggiormente ricettivi, ad oggi, sono quelli dei servizi finanziari, dei trasporti, del retail e dei servizi pubblici.
A mancare ancora, tuttavia, è la riproduzione fedele dell’interazione umana. Oggi Chatbot e Voicebot sono sempre più in grado di riconoscere l’intento della comunicazione ma mancano ancora nella lettura delle sfaccettature, di sfumature come il sarcasmo, l’ironia, le forme dialettali o le alterazioni dell’umore.
Sono gli interaction designer a lavorare sull’umanizzazione della macchina, grazie all’implementazione di tecniche di natural language processing, congiuntamente agli algoritmi di apprendimento automatico come il machine learning.
Nonostante le perplessità a livello etico-comportamentale, il sentiment nei confronti delle AI è comunque positivo.
Restano da scardinare, però, gli aspetti emotivi della comunicazione e una regolamentazione che sia trasparente e priva di discriminazione algoritmica, e allo stesso tempo esule dall’imprinting strettamente umano e manipolativo.
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