
Ecocritica e letteratura: come i romanzi raccontano la crisi climatica
Negli ultimi decenni, il cambiamento climatico è diventato uno dei temi centrali del dibattito globale, influenzando non solo la politica e l’economia, ma anche la produzione culturale e letteraria. La letteratura, in particolare, ha saputo interpretare e raccontare questa crisi attraverso una molteplicità di generi e prospettive, dando voce alle paure, alle speranze e alle riflessioni di un’umanità alle prese con un futuro incerto.
Dalla narrativa alla saggistica, dagli scenari distopici della cli-fi alle analisi rigorose della scienza del clima, le opere dedicate a questo tema offrono strumenti preziosi per comprendere le implicazioni ambientali, sociali ed etiche della crisi ecologica. Ma perché questa letteratura è così importante? Quale ruolo svolge nel sensibilizzare il pubblico e nel plasmare una coscienza collettiva sul futuro del nostro pianeta?
Letteratura sul cambiamento climatico: cos’è e perché è importante
La letteratura sul cambiamento climatico rappresenta un corpus crescente di opere che esplorano le cause, gli effetti e le implicazioni della crisi climatica attraverso vari generi letterari. Questo filone letterario, emerso con forza negli ultimi decenni, affronta uno dei temi più urgenti del nostro tempo, tanto da aver dato vita ad un filone a sé stante: la “cli-fi” (climate fiction), che comprende romanzi distopici che immaginano futuri devastati da catastrofi climatiche, ma anche opere più sfumate che esplorano le trasformazioni sociali, politiche ed emotive derivanti dai cambiamenti ambientali. Autori come Barbara Kingsolver, Kim Stanley Robinson e Amitav Ghosh hanno contribuito significativamente a questo campo.
Parallelamente, la saggistica sul clima è esplosa, con opere che spaziano dai resoconti scientifici accessibili alle riflessioni filosofiche sulle responsabilità umane verso il pianeta. Libri come “La sesta estinzione” di Elizabeth Kolbert o “This Changes Everything” di Naomi Klein hanno avuto un impatto notevole nel dibattito pubblico.
Questa letteratura è importante per diversi motivi fondamentali. Innanzitutto, rende tangibile e personale un problema spesso percepito come astratto o distante. Attraverso storie e personaggi, la crisi climatica diventa qualcosa che possiamo visualizzare ed esperire emotivamente.
In secondo luogo, offre uno spazio per immaginare futuri alternativi – sia catastrofici che speranzosi – aiutandoci a considerare le possibili traiettorie della nostra società e stimolando l’azione preventiva.
Infine, la letteratura climatica connette le scienze naturali con le scienze umane, mostrando come il cambiamento climatico non sia solo una questione tecnica o scientifica, ma un problema profondamente culturale, etico e politico.
Fiction climatica: gli scrittori e le opere più rilevanti
Fiction climatica: gli scrittori e le opere più rilevanti
La fiction climatica (o cli-fi) è emersa negli ultimi decenni come un genere letterario che esplora le conseguenze del riscaldamento globale attraverso narrazioni che oscillano tra distopia, realismo e speculazione scientifica. Questo filone narrativo ha preso piede in risposta all’intensificarsi della crisi climatica, offrendo attraverso la letteratura uno spazio di riflessione sui cambiamenti ambientali in corso.
Tra i pionieri internazionali del genere, J.G. Ballard con “Il mondo sommerso” (1962) ha anticipato molte delle tematiche poi divenute centrali nella cli-fi contemporanea. In tempi più recenti, Kim Stanley Robinson si è affermato come uno degli autori più influenti con la sua “Trilogia della Scienza della Capitale”, in particolare con “Il ministero del futuro” (2020), che esplora strategie radicali per contrastare il riscaldamento globale.
Margaret Atwood ha contribuito significativamente al genere con la trilogia di “MaddAddam”, dove la catastrofe climatica si intreccia con le conseguenze di un capitalismo biotecnologico fuori controllo. Anche Barbara Kingsolver con “I prodigi” (2012) e Richard Powers con il premiato “Il sussurro del mondo” (2018) hanno creato opere fondamentali che intrecciano la crisi ecologica con profonde riflessioni sulla condizione umana.
Nel contesto italiano, la fiction climatica ha visto emergere voci significative. Bruno Arpaia con “Qualcosa, là fuori” (2016) ha immaginato un’Europa devastata dalla siccità, mentre Alessandra Montrucchio in “E poi la sete” (2010) ha narrato di un futuro in cui l’acqua è diventata una risorsa rarissima. Paolo Cognetti, pur non scrivendo strettamente cli-fi, in “Le otto montagne” (2016) riflette sui cambiamenti che stanno trasformando l’ecosistema alpino.
Elisa Menini con “Gorgo” (2022) esplora un futuro in cui Venezia è quasi completamente sommersa, mentre Wu Ming nel collettivo “Anatra all’arancia meccanica” (2011) include racconti che affrontano tematiche ambientali. Claudio Morandini in “Neve, cane, piede” (2015) crea una narrazione in cui il disgelo alpino rivela segreti sepolti, metafora del cambiamento climatico che porta alla luce verità scomode.
Nuovi orizzonti letterari: l’ecocritica
L’ecocritica si presenta come una frontiera innovativa negli studi letterari, emersa negli Stati Uniti tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli ’90. Questa disciplina, denominata anche ecocriticismo o ecologia letteraria, venne concettualizzata per la prima volta da William Rueckert nel 1978, sebbene Joseph Meeker ne avesse già delineato i contorni nel 1972 definendola come l’analisi delle connessioni tra tematiche biologiche e creazioni letterarie.
La vera missione dell’ecocritica risiede nell’esaminare come la letteratura influisca sulla nostra relazione con l’ambiente e contribuisca alla sopravvivenza tanto dell’ecosistema umano quanto di quello non umano. Non si tratta di una mera analisi accademica, ma di un autentico attivismo culturale che mira a plasmare la consapevolezza dei lettori rispetto alle problematiche ambientali contemporanee.
Grazie all’impegno di studiosi come Cheryll Burgess Glotfelty, Scott Slovic e Lawrence Buell, la disciplina ha raggiunto piena definizione, configurandosi come lo studio delle interconnessioni tra natura e cultura, con particolare attenzione ai prodotti culturali del linguaggio e della letteratura. Inizialmente focalizzata sul “nature writing”, l’ecocritica ha progressivamente allargato il proprio campo d’azione fino a includere qualsiasi contesto ambientale e genere letterario.
Gli approcci metodologici dell’ecocritica seguono principalmente due direttrici: una linea storico-ermeneutica, che analizza l’immagine culturale della natura nelle opere letterarie, e una linea etico-pedagogica, che considera i testi come strumenti di alfabetizzazione ambientale. Entrambe concepiscono la letteratura come veicolo di valori ecologici fondamentali per la formazione di una solida coscienza ambientale.
Nel panorama internazionale, l’ASLE (Association for the Study of Literature and Environment), fondata nel 1992, rappresenta la principale associazione dedicata a questa disciplina, promuovendo la ricerca e l’educazione in un’ottica di giustizia ambientale e sostenibilità ecologica.
La cultura della sostenibilità proposta dall’ecocritica mira a orientare in maniera costruttiva la nostra visione del mondo attraverso le immagini creative offerte dalla letteratura. In un’epoca di crisi ecologica, che è fondamentalmente una crisi culturale, l’ecocritica diventa strumento per sviluppare nuovi modelli di pensiero basati sulla consapevolezza della nostra interdipendenza con le altre forme di vita.
L’impatto educativo e formativo dell’ecocritica
La forza educativa dell’ecocritica risiede nella sua capacità di connettere gli studi umanistici alle questioni ambientali contemporanee, creando un ponte tra le discipline letterarie tradizionali e l’educazione alla sostenibilità. Attraverso l’analisi delle opere letterarie in chiave ecologica, gli studenti sviluppano una sensibilità ambientale che trascende il semplice apprezzamento estetico dei testi, spingendoli a riflettere criticamente sul rapporto tra umanità e natura.
In questo contesto, percorsi formativi innovativi come la Laurea in Lettere e diffusione della conoscenza offerta dall’Unicusano rispondono perfettamente alle esigenze di una formazione umanistica che guardi al futuro. Questo corso, con il suo curriculum dedicato alla “Diffusione della conoscenza”, integra le discipline letterarie tradizionali con competenze digitali e comunicative essenziali per affrontare le sfide della società contemporanea, tra cui la diffusione di una cultura della sostenibilità.
L’ecocritica si inserisce in questo percorso come un potente strumento pedagogico che permette agli studenti di acquisire una preparazione umanistica solida ma al contempo aperta alle problematiche del presente. Analizzando opere letterarie attraverso la lente dell’ecocritica, gli studenti imparano a identificare e decostruire le ideologie antropocentriche che hanno caratterizzato gran parte della tradizione culturale occidentale, sviluppando una visione più inclusiva e rispettosa della biodiversità.
La metodologia didattica dell’ecocritica privilegia un approccio interdisciplinare che ben si sposa con la filosofia del curriculum “Diffusione della conoscenza”, integrando conoscenze letterarie, competenze linguistiche e abilità digitali.
I laureati che hanno avuto modo di approfondire l’ecocritica durante il loro percorso di studi acquisiscono non solo competenze analitiche e critiche, ma anche una consapevolezza etica che risulta particolarmente preziosa negli sbocchi lavorativi di Lettere contemporanei. Che si tratti di lavorare nell’editoria, nella comunicazione culturale, nella valorizzazione del patrimonio o nell’educazione, questi professionisti saranno in grado di promuovere una cultura della sostenibilità attraverso la diffusione di una conoscenza criticamente consapevole.
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