Come diventare arbitro: l’iter completo
Se ti appassiona lo sport e ti piacerebbe intraprendere una professione gratificante e allo stesso tempo ben retribuita, nel mondo del calcio, del basket o di qualsiasi altra disciplina, devi assolutamente leggere questo post, nel corso del quale ti spiegheremo come diventare arbitro.
Figura centrale di ogni disciplina sportiva, il giudice di gara svolge un ruolo determinante sia per ciò che concerne risultati e classifiche e sia per quello che riguarda l’etica dello sport.
Nei prossimi paragrafi analizzeremo la figura dell’arbitro per capire cosa fa e quali sono le sue responsabilità.
Ti spiegheremo, in particolare, come diventare arbitro di calcio e quali sono le prospettive occupazionali ed economiche.
Cosa fa l’arbitro
Anche se comunemente e più frequentemente la figura dell’arbitro è associata al mondo del calcio, essa interviene in varie tipologie di contesti.
In ambito giuridico, ad esempio, l’arbitro viene definito dalla Treccani come:
“Persona a cui le parti possono affidare la decisione delle loro controversie in forza di una convenzione di arbitrato, compromesso o clausola compromissoria.”
Per quanto riguarda l’ambito sportivo, invece, la stessa Treccani definisce l’arbitro come:
“Ufficiale di gara che ha il compito di seguirne le fasi, assicurarne la regolarità, punire i falli e convalidare il risultato.”
Fermo restando l’imparzialità sulla base della quale opera qualsiasi tipologia di arbitro, la distinzione degli ambiti operativi è fondamentale per comprenderne le responsabilità e le mansioni.
Nel corso di questo post ci focalizzeremo sulla figura che opera nell’ambito dello sport, ovvero colui il quale dirige una competizione sportiva.
Come accennato nel corso della premessa l’arbitro ricopre un ruolo affascinante, che spesso però diventa ‘scomodo’; in moltissimi casi è criticato, anche da persone con scarse competenze, per il suo modo di gestire e interpretare una gara/performance. Delusioni e insuccessi vengono frequentemente attribuiti all’arbitraggio.
‘Direttore di gara’, ‘giudice di gara’ o semplicemente ‘arbitro’, in qualunque modo lo si chiami si tratta del profilo che svolge un ruolo essenziale per il regolare svolgimento della gara.
In particolare, egli si occupa di garantire l’applicazione delle regole di gioco che riguardano la disciplina, rilevando e sanzionando le infrazioni al regolamento.
Inoltre, l’arbitro ha il compito di verificare la regolarità di campi e attrezzature di gioco, di esaminare contestazioni e chiaramente di convalidare il risultato.
Nella maggior parte delle competizioni l’arbitro collabora con altre figure arbitrali, come ad esempio il guardalinee nel calcio.
A prescindere da quelle che sono le finalità comuni a tutte le tipologie di gare e competizioni, le mansioni e le responsabilità di un arbitro possono variare in base alla disciplina sportiva.
Quanto guadagna
Lo stipendio di un arbitro dipende da diversi fattori, tra i quali chiaramente la disciplina sportiva arbitrata.
L’esperienza è un altra variabile che può influire sull’aspetto economico, così come influisce il livello della competizione.
Dal momento che la figura più ambita e ammirata è quella dell’arbitro di calcio, faremo una panoramica sugli stipendi che riguardano l’arbitraggio calcistico.
Prendiamo in esame la serie A, dove lo stipendio medio è decisamente interessante, pur essendo legato a variabili quali l’anzianità e il ruolo ricoperto.
In media un arbitro percepisce 3.800 euro lordi a partita.
Considerando che solitamente arbitra 15 o 16 partite a stagione, il totale annuo si aggira intorno ai 60.000 euro.
Si aggiunge una retribuzione fissa legata al numero delle partite e ai relativi diritti d’immagine.
Per avere un’idea, la retribuzione fissa parte da un minimo di 45.000 euro per arrivare ad un massimo di 72.000 euro annui.
Sono inoltre previsti rimborsi per il vitto e l’alloggio.
In serie B la media scende sui 1.700 euro a partita, una cifra che rimane comunque di tutto rispetto.
Chiaramente, man mano che si scende con il livello gli stipendi diminuiscono ulteriormente.
Diventare arbitro: l’iter formativo
La figura dell’arbitro presuppone un mix di requisiti che include predisposizioni e abilità personali da un lato e competenze tecniche dall’altro.
A prescindere dalla disciplina sportiva verso la quale ci si orienta un arbitro deve innanzitutto possedere una serie di abilità e caratteristiche personali imprescindibili per svolgere l’attività.
L’arbitro è colui il quale garantisce il rispetto delle regole e promuove valori che educano alla ‘sana competizione’. Diventano pertanto indispensabili abilità quali la correttezza, l’imparzialità e l’etica. Inoltre, risulta particolarmente funzionale ai fini dell’attività la predisposizione a prendere la decisione giusta in maniera tempestiva, senza condizionamenti esterni.
Dal punto di vista tecnico l’arbitro deve conoscere i regolamenti che riguardano l’ambito sportivo al quale intende accedere.
Deve conoscere perfettamente il codice di condotta, per interpretarlo correttamente e per applicare in maniera equa eventuali provvedimenti tecnici o disciplinari.
Il percorso per diventare arbitro varia in base alle discipline, per cui è regolamentato in autonomia dalle singole federazioni sportive.
Generalmente l’iter formativo prevede la frequentazione di un corso di formazione, organizzato dalla federazione di riferimento, e il superamento di un esame abilitante.
Per la partecipazione ai corsi sono previsti, solitamente, requisiti specifici di età, di buona condotta e di idoneità sportiva; ma anche per ciò che concerne i requisiti, le condizioni sono stabilite dalle singole federazioni.
Dal momento che nel nostro Paese il calcio è lo sport più popolare e seguito, anche l’ambizione di diventare arbitro si rivolge nella maggior parte dei casi all’ambito calcistico.
Nel calcio l’attività arbitrale è regolamentata dall’AIA-FIGC (Associazione Italiana Arbitri della Federazione Giuoco Calcio).
Nel dettaglio, l’articolo 38 del Regolamento ‘assunzione della qualifica’ definisce il ruolo dell’arbitro come segue:
“Gli arbitri sono tesserati della FIGC e associati dell’AIA. Agli stessi è affidata la regolarità tecnica e sportiva delle gare, nella osservanza delle regole del giuoco del calcio e delle regole disciplinari vigenti, e tali finalità vengono perseguite dagli ufficiali di gara, nelle diverse qualifiche loro attribuite dalle norme regolamentari, in osservanza dei principi di lealtà sportiva, terzietà, imparzialità ed indipendenza di giudizio”
Il primo step per diventare arbitri è frequentare il corso, della durata bimestrale, tenuto da esperti arbitri dell’AIA.
La partecipazione è aperta a ragazzi e ragazze a partire dai 14 anni di età, fino ad un massimo di 40 anni non compiuti.
Chiaramente, trattandosi di uno sport nel quale si corre per 90 minuti e più, l’arbitro di calcio deve possedere anche doti fisiche e atletiche.
Tra gli argomenti affrontati durante il corso: il regolamento del gioco calcio, la preparazione atletica, l’alimentazione e la medicina complementari alla pratica sportiva.
Alla fine del corso è previsto un esame composto da due prove scritte (un tema e un quiz tecnico) e una prova orale.
Con il superamento dell’esame si diventa associati AIA e si ottiene il tesseramento FIGC in qualità di arbitri effettivi.
Per quanto non sia espressamente richiesto, una formazione di tipo accademico afferente l’ambito dello sport è consigliata per chi intende fare carriera e accedere ai livelli più alti delle competizioni sportive, calcistiche e non.
Una triennale in Scienze motorie seguita possibilmente da una specializzazione in Scienza e tecnica dello sport permette di acquisire una preparazione di livello avanzato, che può essere spesa nell’ambito dell’arbitraggio o in alternativa può diventare la base per un’eventuale altra professione nel mondo dello sport.
Ora sai come diventare arbitro sportivo; sai cosa fa un professionista e il ruolo che svolge.
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Credits: Maxisports / Depositphotos.com
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