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Biohacking: cos’è e come può aiutare a vivere meglio

Da tempo si sente parla, sempre più insistentemente, di biohacking. Di cosa si tratta esattamente? Come dice la parola stessa di hackeraggio del patrimonio biologico-genetico dell’uomo. Il termine biohacking, infatti, deriva dalla fusione di bio (biology) e hacker. In realtà, le cose sono leggermente più complesse. Qui sotto, la guida completa sul biohacking per capire in cosa consiste e come si può applicare alla vita quotidiana.

Biohacking: cos’è?

Per rispondere in maniera semplice alla domanda “biohacking cos’è’” potremmo definirlo come un tentativo di controllo del nostro organismo per ottimizzarne il funzionamento. Si tratta cioè di una riprogrammazione di abitudini e stili di vita in vista del raggiungimento di una serie di obiettivi:

  • aumento dell’energia
  • diminuzione della stanchezza mentale
  • aumento della longevità
  • miglioramento dell’umore
  • maggiore capacità produttiva
  • miglioramento dello stato di salute generale

Ma come si ottiene questa riprogrammazione? Spesso nel linguaggio del biohacking si parla di ambiente interno (corpo) ed esterno e di come l’interazione tra questi influenzi lo stato di benessere.

Facciamo un esempio per semplificare. Uno degli aspetti su cui i biohacker esercitano il controllo è il sonno. La mancanza di sonno, infatti, può danneggiare il sistema immunitario, mentre un buon sonno aiuta a prevenire le malattie e allunga la vita. Per questo motivo i biohacker consigliano di controllare la messa a letto.   

Per riprogrammare il sonno in modalità biohacking basta seguire semplici suggerimenti, come creare un ambiente immerso nel buio più totale e dedicarsi a un’attività di defaticamento mentale (yoga, meditazione) prima di stendersi a letto. A questo controllo ovviamente si aggiunge quello tecnologico tramite strumenti per il monitoraggio del sonno. Questi ultimi, infatti, aiutano a tenere traccia dei picchi di sonno sia profondo che leggero. Grazie alle statistiche sulla qualità del sonno è possibile individuare, per esempio, il momento ideale per impostare la sveglia al mattino in modo da alzarsi rigenerati e pronti ad affrontare meglio la giornata.

Biohacking: le origini

Il movimento biohacking nasce nella Sylicon Valley e racchiude diverse linee di pensiero. Se il fondamento comune è quello di cambiare la propria biologia, le modalità di applicazione sono tante e molto diverse tra loro.

Per ottenere il risultato sperato, infatti, ci sono biohacker che sponsorizzano il digiuno intermittente, il trapianto di cellule staminali, i bagni ghiacciati o ancora un maggiore coinvolgimento della tecnologia applicata al corpo. A quest’ultima categoria appartiene quel filone del biohacking che favorisce l’installazione di microchip sottocutanei. L’azienda statunitense Dangerous Things, per esempio, produce microchip (tag NFC) che si impiantano sotto cute e contengono i dati sanitari del proprietario, che potrà così contare su una via molto più rapida di consultazione in caso di problemi.

I fitness tracker si possono considerare dispositivi tecnologici che rientrano nel settore del biohacking. Meno invasivi rispetto ai microchip, svolgono comunque una funzione di monitoraggio e aiutano a controllare meglio le reazioni del proprio organismo in funzione di piani di allenamento più mirati.

Biohacking opinioni: è solo pseudoscienza?

Quando si parla di biohacking si riscontra spesso molto scetticismo. I biohacker non vengono presi sul serio per via di tutta una serie di linee guida che non sembrano avere dei fondamenti scientifici particolarmente solidi.

È anche vero, però, che i biohacker non si reputano dei medici e non vogliono sostituire la medicina tradizionale. Si tratta, per lo più, di un approccio che prevede un maggiore coinvolgimento personale nella gestione del proprio corpo.

Ovviamente, ci sono alcune iniziative chiaramente discutibili che hanno contribuito a minare la credibilità del biohacking, come le trasfusioni di sangue da soggetti giovani ad anziani. Una sorta di trattamento da vampiri messo in atto con l’idea di poter prevenire malattie come l’Alzheimer o il Parkinson. La validità di questa pratica non è stata dimostrata, ma all’esperimento avvenuto negli Stati Uniti hanno partecipato diverse persone, sborsando 8 mila dollari per una trasfusione.

Per capire meglio se si tratta o meno di pseudoscienza vediamo alcune tecniche di biohacking.

Biohacking e chetoni: il bulletproof coffee

Gli studenti universitari alle prese con facoltà complicate e corsi di laurea impegnativi possono abbracciare il biohacking per aumentare la concentrazione nello studio. Il bulletproof coffee – caffè antiproiettile serve proprio a questo, e non solo.  A inventarlo è stato uno dei maggiori esponenti del movimento biohacking: Dave Asprey.

Si tratta di un caffè preparato con chicchi di arabica, olio di cocco e burro grass-fed, vale a dire burro prodotto con latte di animali da pascolo nutriti con erba. Secondo il suo fondatore, questo caffè consente di :

  • bruciare più facilmente le calorie
  • ridurre il senso di fame
  • aumentare la concentrazione
  • fare un carico superiore di energia

Molti nutrizionisti hanno espresso parere contrario o meglio hanno riscontrato l’effetto brucia calorie e perdita di peso, ma si sono mostrati preoccupati per gli effetti a lungo termine sul metabolismo.

Ma come funziona? Il bulletproof coffee favorisce il raggiungimento dello stato di chetosi grazie all’unione tra caffè, olio di cocco e burro. Lo stato di chetosi è quel processo naturale in cui il corpo smette di bruciare carboidrati e li trasforma in energia, iniziando contemporaneamente a intaccare i grassi. Risultato? Bevendo questo caffè proiettile è possibile perdere qualche chilo, ma bisogna comunque integrarlo in un preciso regime alimentare, evitando il fai da te. In caso contrario si rischia solo di seguire una moda di biohacking senza la sicurezza di fare qualcosa che migliori davvero il proprio organismo e la vita quotidiana.

Biohacking tecniche: trattamento con lampade a infrarossi

Tra le tecniche di biohacking è inclusa l’esposizione a lampade a luce rossa e a infrarossi (Red Light Terapy). Secondo i biohacker si tratta di una integrazione indispensabile perché nell’epoca moderna non si vive più all’aria aperta e non si immagazzinano i raggi del sole. Al contrario si sta la maggior parte del tempo chiusi in casa ed esposti alle luci artificiali blu.

Per ovviare a questa mancanza ci sono le luci rosse, basta esporsi a queste lampade che stimolano i mitocondri delle cellule e aumentano la produzione di ATP ( adenosina trifosfato), il carburante cellulare. In parole semplici, le cellule sono in grado di svolgere meglio una serie di funzioni come la rigenerazione e la riparazione. Questo miglioramento porta a cascata una serie di effetti benefici come la riduzione delle rughe, il miglioramento del colorito, la riduzione della perdita di capelli, la diminuzione della visibilità delle cicatrici da acne e la riduzione di infiammazioni e dolori articolari. In campo sportivo, per esempio, la terapia con le lampade a infrarossi aiuta a incrementare le performance e il recupero muscolare.

Biohacking conclusioni: funziona oppure è meglio evitare?

Sono solo teorie discutibili? Oppure il biohacking ha un reale effetto di miglioramento della vita quotidiana? Dipende da quali pratiche si adottano, da come lo si fa e a chi ci si affida.

Il movimento di biohacking in Italia, per esempio, è abbastanza diffuso e si possono trovare diversi corsi di avvicinamento. Se si considera convincente la filosofia alla base del movimento, vale a dire l’idea di un maggiore controllo su sé stessi, allora seguire un corso è un buon metodo per formarsi un’opinione personale e decidere cosa mettere in pratica.

Le tecniche sono tante, dall’esposizione al freddo alle soluzioni per la riduzione dell’inquinamento elettromagnetico, dai regimi dietetici chetogenici alle tecniche di respirazione, come il respiro quadrato e il respiro invisibile, dalle docce gelate fino alle diete intervallate da periodi di digiuno.

Credits immagine: Tsnorth/DepositPhoto.com

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